Danno da concorrenza sleale o sviamento clientela
Per concorrenza sleale si intendono tutte le tecniche, pratiche e comportamenti illeciti tesi a creare vantaggio sui propri competitor arrecando loro un danno. La nozione e dunque l’ordinamento giuridico è determinato dall’art.2598 del codice civile teso a tutelare la correttezza e la lealtà nell’attività commerciale. Possono essere esempi di concorrenza sleale la diffusione di informazioni screditanti sulle attività dei concorrenti, utilizzare marchi o nomi che ricordano quelli di altre aziende, la contraffazione, il dumping (il non rispetto del tariffario minimo imposto da un ordine professionale). Altro esempio importante di concorrenza sleale in Italia, riguarda i settori liberalizzati come quelli delle telecomunicazioni o dell’energia per cui il Codice Civile impone una parità di trattamento ai clienti per le sole società pubbliche.
Quando si configura la concorrenza sleale e come viene punita
Affinché si configuri la concorrenza sleale devono essere presenti due elementi specifici: la qualità di imprenditore in capo all’autore dell’atto di concorrenza e la qualità di imprenditore in capo al danneggiato; il rapporto di concorrenza economica tra i due.
Per parlare di concorrenza economica è necessario che i due imprenditori in disputa si trovino nel medesimo ambito di mercato teso a soddisfare identici bisogni dei consumatori attraverso la proposizione degli stessi beni e servizi (o similari, o complementari). In definitiva, si configura la concorrenza economica quando le imprese offrono prodotti e servizi a favore di un target specifico di consumatori ed operano nelle diverse fasi di produzione o commercio del bene funzionale alla collocazione sul mercato di tali beni.
Il concetto di concorrenza sleale può essere elargito anche alle imprese che “potenzialmente” possono entrare in concorrenza, è ciò che viene definito come ipotesi di concorrenza potenziale. Per ipotesi di concorrenza potenziale intendiamo la possibilità di un’attività commerciale di confluire in mercati affini ad altre, in un’ottica, ad esempio, di espansione aziendale. Va valutato quindi anche il fatto potenziale che “consenta di configurare, quale esito di mercato fisiologico e prevedibile, sul piano temporale e geografico, e, quindi, su quello merceologico, l’offerta dei medesimi prodotti, ovvero di prodotti affini o succedanei rispetto a quelli attualmente offerti dal soggetto che lamenta la concorrenza sleale”. In soldoni, anche se manca allo stato attuale un rapporto di concorrenza economica tra due aziende, va valutato se potenzialmente potrà esserci una probabile e prossima interferenza tra i mercati in cui le aziende operano.
Come si definisce una tale “previsione”? Se due aziende rischiano nel futuro di collidere è possibile prevederlo attraverso: una valutazione di rilevante probabilità sull’ espansione futura di un’attività concorrente; rilevazione di segni prodromici all’avvio dell’impresa vera e propria.
Risarcimento del danno da concorrenza sleale e quantificazione del danno
Quando si configura il danno di concorrenza sleale è possibile richiedere un risarcimento del danno così come chiarito dall’articolo 2600 del Codice Civile (risarcimento per equivalente). Vengono risarciti tutti i danni di concorrenza sleale, compreso lo sviamento della clientela; il nocumento all’immagine che causa diminuzione di vendite e dunque di fatturato; la sottrazione di clientela; la denigrazione. All’interno di questa tipologia di danno concorrono nel risarcimento finale sia il danno emergente che il lucro cessante.
Il danno emergente è rappresentato dalle spese sostenute dal danneggiato per acquisire le prove di concorrenza sleale, per tentare di bloccarla o di diminuirne gli effetti. E’ inoltre rappresentato dal “danno morale”, determinato dalla delusione delle aspettative di successo previste prima della configurazione del fatto sleale. Se al danno emergente non è possibile dare un valore economico esatto, si potrà procedere con la liquidazione equitativa.
Il lucro cessante viene identificato generalmente nella sottrazione di clientela o nell’utile che l’impresa avrebbe potuto fatturare senza l’intervento del comportamento sleale della concorrente. Per quantificare la perdita di occasioni di profitto è necessario ricostruire la situazione economica in cui si sarebbe trovato il danneggiato senza l’atto illecito. Anche in questo caso è prevista la liquidazione equitativa.
La quantificazione del danno da concorrenza sleale viene identificata con l’utile lordo che l’impresa NON ha ottenuto in conseguenza del fatto illecito della concorrente. Se ci si trova nella condizione di non poter avere la certezza di stabilire la posizione di mercato presunta in assenza del fatto illecito, la giurisprudenza mette a confronto la diminuzione delle vendite o la mancata espansione aziendale con l’incremento proporzionale delle vendite e dell’espansione aziendale della concorrente.