Fare causa a un medico, un’estetista o un chirurgo
I casi di malasanità costituiscono una di quelle ricorrenze con cui non si vorrebbe mai avere a che fare, per tutte le conseguenze che ne derivano e tutta la sofferenza contro cui è inevitabile combattere.
Quando una persona cara viene a mancare o viene fortemente danneggiata da una negligenza medica o da un errore umano, il senso di impotenza che coglie familiari ed amici è terribile e a buon ragione, nemmeno l’eventualità di un risarcimento danni dovuto può sollevare l’animo di chi viene colpito da una simile situazione.
Sebbene non si possa parlare di “consolazione” però, intentare una causa ad un medico che ha sfilacciato la rete di un’armonia familiare per un dolo effettivo, è un atto necessario soprattutto per evitare che quanto accaduto possa perpetrarsi nuovamente.
Parlando di dolo effettivo abbiamo involontariamente introdotto il nocciolo della questione che stiamo per affrontare: in quali casi è possibile fare causa ad un medico? Ogni caso di malasanità è perseguibile per legge? Quando si configura il reato e quando invece l’atto non è ascrivibile come tale?
Per rispondere a queste domande iniziamo con il cercare di capire cosa si intenda per Errore Medico.
Cosa sono gli errori medici e quali sono perseguibili per legge ai fini di un risarcimento del danno
L’errore medico come accennato, rientra nell’accezione più ampia di Malasanità a cui afferiscono anche: cure e pratiche superflue, inutili e dannose (ex. interventi chirurgici non necessari, medicine somministrate senza apparente necessità); cattiva gestione della sanità pubblica (liste d’attesa lunghe ad esempio), corruzione, speculazione e furti.
Per errore medico intendiamo quella serie di fattori che producono un evento avverso durante il processo sanitario di diagnosi o di cura di un paziente causando un danno che si configura nel ritardo o nell’impedimento al ritorno allo stato di benessere del paziente stesso. Da qui anche il concetto di Malasanità, di cui l’errore medico fa parte, intesa come la carenza generica della prestazione dei servizi professionali rispetto alle loro capacità che causa un danno al soggetto beneficiario della prestazione.
L’errore medico può dipendere sia da un fattore umano, dunque ascrivibile alle qualità tecniche della prestazione e del singolo individuo, sia dall’organizzazione della struttura ospedaliera e può configurarsi come involontario o nel peggiore dei casi come volontario.
Quando siamo in presenza di un errore involontario, esso si dice colposo e può verificarsi per imprudenza, imperizia, negligenza.
Errore medico colposo per imprudenza: si configura quando non viene utilizzata la dovuta cautela e non vengono adottate le misure necessarie al fine di non provocare il danno
Errore medico colposo per imperizia: si configura quando la preparazione professionale del medico è scarsa, quando non ha le giuste competenze per operare, non si seguono i protocolli operativi di rito
Errore medico colposo per negligenza: si configura quando viene commesso un danno per disattenzione, trascuratezza, sollecitudine e non viene osservato dunque un comportamento deontologico di prassi.
Ciascuno di questi errori può riguardare sia l’errata diagnosi che un intervento chirurgico non riuscito e ancora una cattiva gestione della terapia o il non compimento di esami medici necessari.
Una recente sentenza della Cassazione ha inoltre stabilito che non si può configurare l’errore medico e dunque la responsabilità medica, quando il decorso negativo di un intervento, ad esempio, non è dipeso da un intervento tecnicamente sbagliato. Nella fattispecie, la sentenza ha riguardato il caso di una donna che, a seguito di un’operazione, ha constatato l’aggravamento della sua patologia oltre all’insorgenza di nuove patologie. L’istanza della donna è stata respinta sia dal Tribunale che dalla Corte di Appello a seguito di una perizia svolta da professionisti che hanno confermato la buona conduzione dell’intervento effettuato in modo “adeguato, corretto e tecnicamente appropriato”. I problemi della paziente sarebbero insorti dunque non per un nesso causale con l’intervento chirurgico, quanto per una complicanza descritta nella procedura chirurgica non prevedibile.
Come fare causa ad un medico o chirurgo per malasanità
Se si ritiene di essere vittime di malasanità, le vie da percorrere per l’ottenimento del risarcimento del danno possono essere diverse. Una di queste è quella “bonaria” che prevede cioè un accordo tra medico/struttura ospedaliera e paziente e viene detta Mediazione Obbligatoria. Questo procedimento è essenziale se si vuole iniziare un processo in tribunale e viene avviato da una lettera di diffida dell’Avvocato al medico.
Se l’accordo non viene trovato, può essere seguita la strada del ricorso di Accertamento Tecnico Preventivo (ATP). L’accertamento tecnico prevede la stesura di una consulenza tecnica da parte di un medico legale nominato dal Giudice del Tribunale. La perizia super partes ha il compito di individuare il nesso casuale tra errore medico e danno e di risolvere quindi la controversia in tempi brevi. Al procedimento partecipano entrambe le parti, ognuna delle quali presenterà un’offerta di risarcimento del danno.
In ultima istanza si può seguire la strada della causa all’assicurazione. In caso di errore medico o della struttura infatti, il danneggiato grazie ad una nuova legge dello Stato italiano, può agire direttamente nei riguardi dell’assicurazione (obbligatoria per medici e strutture ospedaliere).
Quello della malasanità è un problema purtroppo diffuso che diventa spesso incontrollabile soprattutto se si pensa a quanti centri offrono oggi servizi che prevedono tecniche mediche realizzate da persone non specializzate, come ad esempio estetiste e quant’altro. Occhi aperti!